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CONVENTO DI MONTESANTO

Nell'antichità quel luogo era conosciuto con il nome di “Monte Mascarano”, cioè “Monte degli Spiriti” (“mascha”, a detta degli esperti, significa: “strega”, “larva”, “spirito”).

Si presume che al tempo degli Etruschi, il colle sia stato un luogo sacro, una necropoli con templi e sacelli dedicati a varie divinità, prime tra tutte il dio Marte e la dea Bellona. Non esistono però testimonianze scritte al riguardo, ma solo reperti archeologici (come la famosa statua di Marte) rinvenuti presso le mura dell'attuale Convento.

La sua vera storia ha inizio il 24 ottobre 1235, anno in cui il vescovo, monsignor Bonifacio, unitamente al capitolo della cattedrale, concesse, previa richiesta di papa Gregorio IX, il "privilegio" di innalzare su detto colle un monastero di monache dell'Ordine delle povere dame (Clarisse). Il terreno per questo scopo, fu donato da Buono, abate di San Fortunato in Todi. Nello stesso anno, Gregorio IX soppresse l'abbazia di S. Leucio, adiacente a S. Fortunato, donò al monastero di Montesanto l'ampio patrimonio di quell'abbazia, mentre la chiesa e gli edifici passarono ai frati domenicani, che vi restarono sino al 1371, quando l'intero complesso venne abbattuto per edificare la Rocca. Il colle, con il procedere del tempo, per la santità di vita delle monache, mutò nome: da “Monte Mascarano” a “Montesanto” (monastero di Santa Maria di Montesanto, o Monastero Maggiore). Nel 1320 la comunità era ancora costituita da circa 40 monache. Il 1433, anno della suddetta traslazione, potrebbe segnare l'abbandono definitivo del monastero da parte delle Clarisse, abbandono ratificato il 21 marzo 1438, da una bolla di papa Eugenio IV. È probabile che anche Iacopone da Todi abbia fatto parte di questa comunità, e addirittura vi morì. La traslazione delle ossa del Iacopone da Montesanto a San Fortunato nel 1433 si rese necessaria per il fatto che le monache avevano dovuto abbandonare definitivamente il colle nel 1367, quando il monastero fu trasformato in rocca dal cardinal Egidio Albornoz.

Quando nella primavera del 1367 l'Albornoz, come ultimo atto di riconquista dello Stato Pontificio, assediò e prese Todi, fece espellere le religiose e trasformò il colle in fortilizio. Questa fortezza, di contro alle mura della città, faceva parte della nuova strategia politica seguita dall'Albornoz, chiamata appunto, politica “delle Rocche”, per scoraggiare ogni tentativo di ribellione delle città, mentre lasciava loro una certa libertà di amministrarsi a proprio modo. Il Comune di Todi, sin quando la città rimase soggetta alla Chiesa e governata dal luogotenente Ugolino da Montemarte, conservò a Montesanto un castellano ed una guarnigione di soldati con caserma, scuderia, magazzini; ma ben presto la città tornò ad essere dilaniata dalle lotte tra le famiglie degli Atti e dei Chiaravalle, e Montesanto fu di nuovo punto militare strategico, forse fortificato e rinnovato dal famoso Catalano degli Atti. Montesanto dovette subire ancora traversie sotto i comandanti Pandolfo Malatesta, Biordo Michelotti, il re Ladislao di Napoli e Braccio Fortebraccio. Intanto l'altra Rocca, iniziata da Ugolino da Montemarte sul colle di Todi, prese sempre più importanza strategica, ed il colle di Montesanto fu gradualmente abbandonato.

In questo stato di abbandono si doveva trovare nel 1448, quando il famoso francescano Roberto Caracciolo di Lecce venne a predicare a Todi, ed invitò i priori ed il popolo della città a voler dare il luogo di Montesanto ai frati Minori, onde potervi edificare un convento. Ci fu la reazione delle monache di san Francesco, ancora proprietarie del luogo, le quali reclamarono un certo compenso, per poter restaurare il loro monastero sito entro le mura della città.

L'attuale edificio fu ricavato dalle rovine della fortezza, utilizzando al massimo quanto di essa era ancora in piedi. Della fortezza, è tuttora visibile il quadrilatero ortogonale di oltre 50 m. di lato, aperto ad U verso la città; il grande vano pianterreno coperto da volte a botte, con finestrelle romaniche, e lungo quanto tutto un lato del quadrilatero; una grande scalinata di 26 gradini che conduce al piano superiore; finestre monofore in travertino con strombatura esterna al lato sud, adattato ora a chiesa. I frati minori di san Francesco si trovano quindi a Montesanto dal 1448. Vi hanno dimorato generalmente dai 25 ai 35 religiosi. Il convento ha ospitato per un periodo di tempo il noviziato, lo studio di S. Teologia con ottimi professori, e l'infermeria dei frati minori dell'Umbria. Inoltre possiede una pregevole biblioteca ricca di codici pergamenacei, di incunaboli e di edizioni rare provenienti anche dal convento di San Giacomo, materiale in parte oggi finito nella Biblioteca comunale di Todi e in quella della provincia serafica di Chiesa Nuova di Assisi. Vi era anche una farmacia con fratelli laici impegnati in un servizio di assistenza ai poveri. Durante l'occupazione francese, numerose opere d'arte vennero spedite in Francia come spoliazioni napoleoniche, e la maggior parte di queste non fece più ritorno. "La vergine e Gesù", dello Spagna portato al Musee Napoloeon, e trasmesso al Louvre successivamente.

I frati, nel frattempo, si stabilirono a pochi metri dalla "clausura", in una casa colonica, che, pian piano, trasformarono in Conventino e lì rimasero sino al 1895. La mattina del 4 ottobre del 1895, festa solenne di S. Francesco, alle ore 9,30 fu firmato il contratto con cui i frati ricompravano il Convento di Montesanto, pagando, in cinque rate, la cifra complessiva di lire 21.678,32. In seguito, dal 1916 al 1970, il fabbricato ospitò il Collegio Serafico, cioè circa 100 ragazzi aspiranti alla vita francescana. Dal 1º gennaio 1977 la chiesa conventuale è divenuta chiesa parrocchiale con il titolo: parrocchia di Maria SS.ma Assunta in Montesanto. Nel 1835 fu rinvenuto nella zona il Marte di Todi, preziosa statua bronzea datata V sec. a. C. ed oggi conservata nelle collezioni dei Musei Vaticani.

LA CHIESA

La chiesa, pur risultando della fine del sec. XV, fu consacrata il 23 ottobre del 1633 dal vescovo monsignor Ludovico Cenci, come attesta l'iscrizione scolpita in una pietra murata nella facciata esterna, ed è dedicata all'Assunzione della Madonna e a sant'Antonio da Padova. Nella prima cappella a destra si può ammirare un grande affresco dei secoli XV-XVI con presepe, commissionato dalla famiglia Gentiloni. Sopra le scale del presbiterio, a destra, in occasione della rimozione degli altarini lignei laterali, è stato rinvenuto, nel 1956, un affresco raffigurante il Beato Bernardino da Feltre; unico segno visibile della presenza dello Spagna in questo Convento, per il quale realizzò la sua opera maggiore: "L'incoronazione della Vergine", attualmente conservata nella Pinacoteca Comunale di Todi. L'altare maggiore era la sede naturale di questo capolavoro. L'opera fu commissionata il 12 settembre 1507 dal padre Superiore, al prezzo di 200 ducati d'oro. L'opera richiese quattro anni di lavoro, infatti è datata 1511, e per oltre tre secoli decorò l'altare maggiore della chiesa di Montesanto. La tavola fu asportata all'epoca di Napoleone, e poi restituita senza cornice originale e senza i tre quadretti della predella, che ora si trovano al museo parigino del Louvre. Al centro dell'abside, in alto, è l'affresco della Crocifissione con la Vergine, S. Giovanni, due Angeli e S. Francesco. L'opera è sicuramente di scuola folignate, forse dell'Alunno. Nella parete sinistra è la “Cappella della Crocifissione”. Questo oratorio fu fatto edificare, a proprie spese, nel 1612, dai signori Vici, antica e nobile famiglia di Stroncone, da cui sono usciti due beati dell'Ordine francescano: il B. Antonio Vici e il B. Giovanni Vici, le cui immagini possono essere ammirate ai lati dell'altare, dietro le colonne della stessa cappella. Gli autori delle due tele ad olio sono i pittori tuderti Pietro Paolo Sensini ed Andrea Polinori. Così pure è del Sensini il dipinto ad olio su tela, che si trova in convento, raffigurante la Madonna col Bambino e S. Francesco. Il resto della cappella è stata decorata, nel 1612, dal celebre pittore assisiate Cesare Sermei (1584-1668), sempre su commissione della famiglia Vici. Sull'altare vi sono sculture lignee del sec. XVI: Gesù crocifisso, Madonna, S. Giovanni Evangelista. Sotto l'altare si trovano i resti di due Beati: il Beato Ruggero da Todi, primo compagno di San Francesco e del Beato Andreuccio da Todi, uno dei primi frati minori del '300. Il Beato Ruggero nacque a Todi (Perugia) e fu tra i primi seguaci di San Francesco d'Assisi. L'ultima cappella a sinistra, detta della “XXIV stazione della Via Crucis”, risale alla fine del sec. XVI. Le 13 cappelline esterne della “Via Crucis” furono costruite nel 1721, riparate a cura del B. Leopoldo da Gaiche nel 1787, e restaurate di nuovo nel 1905. La cappella detta della “XIV stazione” fu ampliata e ridotta a forma esagonale nel 1732. Attualmente è adibita a presepio permanente.

Le cose da ammirare sono numerose: dal plurisecolare tiglio posto all'ingresso, che la tradizione fa risalire alla predicazione di S. Bernardino da Siena a Todi, nel 1426, alla predetta chiesa ricca di opere d'arte, che vanno dal sec. XV, al sec. XVIII. Una menzione particolare merita la grande e ben fornita biblioteca, contenente manoscritti, incunaboli, oltre duecento cinquecentine, libri di valore di ogni epoca, un “Erbario farmaceutico” del 1746 con 412 esemplari di erbe, grandi corali in pergamena con belle miniature, etc. È da ricordare, inoltre, l'ultima opera realizzata nel 1983: la restaurazione di un grande salone trecentesco.

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